Il Dramma dei Rifugiati Siriani: Famiglie Separate

Le dinamiche di genere sono un fattore importante nella migrazione. Storicamente, i giovani e i padri di famiglia sono i primi a partire, per evitare la coscrizione militare e per procurarsi un lavoro al fine di riunire poi la famiglia in una condizione più economicamente stabile possibile. Quando i conflitti durano così a lungo, però, e la situazione nel paese di origine si fa insostenibile a causa dei cecchini, delle bombe, della fame e dell’estrema povertà, un gran numero di donne e bambini si mettono in viaggio da soli.
Nei campi rifugiati, il numero di famiglie divise è impressionante.
Secondo il Regolamento di Dublino queste famiglie hanno diritto al ricongiungimento con massima priorità.
Ma in Grecia, i dossier da analizzare sono troppi e non considerati una priorità. Così passano mesi, persino anni, prima che le famiglie siano riunite.
E a Vasilika abbiamo conosciuto tantissime famiglie così.
Come quella di Omar, due anni, affetto da una malformazione all’anca che lo rende zoppo e che attende con la madre e due sorelle, da 9 mesi, di essere riunito al padre, lavoratore regolare in Svezia.
O come la famiglia di Maruan e Taleb, due adolescenti che ci danno una mano con le traduzioni, che vivono al campo con la madre e altri due fratelli: il padre è morto, una sorella è ancora in Turchia, il primogenito lavora in Germania con dei cugini.
E ancora, la famiglia di Hassan, dodici anni, la cui mamma soffre di una forma grave di asma ed ha quindi potuto usufruire di un corridoio umanitario per andare in Lussemburgo ma soltanto con il figlio di un anno. Hassan, affetto da un’infiammazione cronica al ginocchio per essere stato inginocchiato dieci ore in un barcone, vive al campo con il padre e un fratello.
Tutti loro aspettano da molti mesi di poter riabbracciare i loro cari. Potete biasimarli se la cosa a cui tengono di più è il cellulare con il quale far sapere loro che sono vivi?