La fuga

Nel corso di cinque anni, la guerra civile in Siria, causa più di 22 milioni di sfollati interni ed esterni.
Molti rifugiati siriani vengono collocati in campi, finanziati dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), in Giordania, Libano e Turchia, con la speranza di poter tornare presto a casa.
In questi anni, L’UNHCR ha registrato più di 4,1 milioni di profughi siriani; più di 1 milione risiedono in Libano, un paese con una popolazione di 4,5 milioni, e più di 2 milioni in Turchia.


La Via di Terra

Con l’intensificarsi dei conflitti nel 2014 e nel 2015, il numero dei rifugiati cresce ma gli stati arabi del Golfo chiudono le porte e l’Europa è quindi l’unica possibile destinazione.

Dalla Turchia in due ore si arriva in Bulgaria, dove però si fermano solo poche migliaia di rifugiati, viste le difficoltà economiche e la povertà del paese. Inoltre, il governo bulgaro erige rapidamente un recinto di filo spinato, con il presunto obiettivo di fermare i trafficanti di esseri umani dalla Turchia.


La Via del Mare

I rifugiati prendono quindi la via del mare e a decine di migliaia tentano di attraversare il Mediterraneo su barche sgangherate da Izmir, in Turchia, per le vicine isole greche di Lesbo, Kos, Rodi. Il numero di arrivi cresce ogni giorno di decine, se non centinaia. La percentuale di decessi durante le traversate è tristemente alta. La maggior parte, tentano di lasciare la Grecia subito dopo l’arrivo a causa del tasso di disoccupazione del 25% (50% per i giovani), delle scarse risorse economiche e delle restrittive leggi sulla cittadinanza e sulla residenza.


I Balcani

Ma per arrivare in Germania, Austria, Svezia o Norvegia, cioè gli Stati dell’Europa occidentale con le politiche migratorie più liberali e generosi benefici sociali, il viaggio è lungo. Si devono infatti attraversare l’Albania, la Macedonia, il Kosovo, la Bosnia e la Serbia, paesi con ancora profonde ferite lasciate dai conflitti di fine secolo scorso.
La fine del 2015 e l’inizio del 2016 sono costellati di scene caotiche di profughi in attesa presso le stazioni ferroviarie in Macedonia o accampati in tende nel centro di Belgrado. Quando si attraversano le terre desolate negli stati dell’ex-jugoslavia, i profughi devono anche affrontare la terrificante possibilità di imbattersi in mine inesplose.



Questa drammatica situazione ha messo in luce il fallimento finale del progetto europeo ai margini d’Europa, nei Balcani. Mentre la Croazia, la Slovenia, la Bulgaria e la Romania sono ora membri dell’UE, i colloqui di adesione con la Serbia, la Bosnia, la Macedonia, l’Albania e il Kosovo sono in un limbo. La zona dei Balcani occidentali è ormai diventata un “ghetto europeo”, una serie di stati emarginati i cui cittadini hanno poca speranza per il futuro. Ai rifugiati siriani, iracheni e afgani si aggiungono quindi migranti provenienti da queste zone, facendo crescere a dismisura il numero dei richiedenti asilo e portando la Germania a dichiarare i Balcani occidentali una “zona sicura” i cui abitanti quindi, sarebbero stati rimandati indietro.
La situazione diventa presto drammatica anche in Ungheria, considerata una “buona destinazione” in quanto membro della cosiddetta zona Schengen, quindi priva di controllo dei passaporti e posti di frontiera. Il primo ministro Victor Orban, leader del partito nazionalista di estrema destra Fidesz, adotta una posizione anti-rifugiati senza compromessi, erigendo muri di filo spinato ai confini con Croazia e Serbia.
E ancora, la Slovacchia rifiuta i rifugiati di fede musulmana e accetta solo persone appartenenti alla minoranza cristiana.


Siamo davvero di fronte ad una crisi migratoria senza precedenti?

Lo studio della storia dimostra che i migranti sono sempre una piccola parte della popolazione generale.
All’interno dell’UE, la cui popolazione nel 2015 si avvicina a 750 milioni, la presenza di un milione di profughi rimane un numero relativamente insignificante.
Inoltre, l’UNHCR stima che vi siano circa 60 milioni di sfollati a livello globale nel 2014. Il “milione europeo” è quindi solo una goccia nel mare globale.
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